Apro una parentesi. Molto ma molto meglio l'apocalisse che questa, piatta, routine fatta di traffico, lavoro fino allo sfinimento, inquinamento, pensioni da fame e privazioni di ogni tipo che chiamiamo vita quotidiana. Senza contare i musi allegri dei nostri politicanti che ci raccontano con grande calma l'Italietta che va a picco. Erano più credibili i dibattiti televisivi sui morti che camminavano descritti da Romero nel primo Zombie.
Una bella apocalisse fatta di libertà, un rifugio sicuro e tanti zombie da mazzulare senza rimorso. Un paradiso in Terra.
Ad ogni modo, il giochillo in questione promette bene. Dovrei averlo tra le manine per febbraio o giù di lì. Rivedrò i bei faccini di Troy Baker e Ashley Johnson riprodotti di nuovo nella realtà alternativa fatta di un'epiemia che infarciva i cervelli umani di un funghetto killer, che ne trasformava anche le fattezze. Come sempre, poi, i peggiori ostacoli erano proprio i sopravvissuti, di nuovo organizzati in città-mostri un po' come accade oggi. Solo che non la chiamiamo apocalisse, mentendo a noi stessi. Meglio lo zombetto da mazzulare, fidatevi.
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