Una canzone per l'estate ma che sia intelligente. Quando il mercato musicale dominava il Draghistan, da Canzonissima a Sanremo, non c'era niente di meglio per stordire la gente. Ne succedevano di casini anche allora. Non mi va di raccontarveli e dimostrare quanto sono vecchio.
Musica come letteratura, il Draghistan le ha usate abilmente per farci restare a sentire, fermi e a occhi aperti. Santoni moderni straparlano di quinte dimensioni e di incredibili orizzonti da raggiungere. La New Age era piena di cantori dell'infinito a un passo che ci stava aspettando a braccia aperte. Castaneda vendette milioni di libri con questa favola. Poi morì di cancro come un draghistano qualunque e la leggenda terminò con lui.
Non abbiamo nessun paradiso da raggiungere o da mancare per un pelo: siamo rimasti fermi qui, draghistani impenitenti che non possono fare a meno di questo disastro continuato e continuo. È ora e oggi la vita talmente bella da ammettere che qualche idiota eletto da altri idioti ce la venga a rovinare disastrosamente, nel caldo afoso di questa come altre, mille, estati.
Milioni di docce, milioni di ragazze svestite, milioni di gelati e questa, come altre estati, finirà in un mare di rincari deprimente. Noi siamo degni del Draghistan, noi siamo il Draghistan e non ci meritiamo altro. Non a caso abbiamo scelto questo posto per nascere. Meglio cantare.
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